Malattie dei pesci in acquario marino – Cryptocarion irritans

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Malattie dei pesci nell'acquario marino


Cryptocarion irritans


Sicuramente la malattia causata dal Cryptocaryon irritans, meglio conosciuta come malattia dei "puntini bianchi", rappresenta una delle più frequenti patologie che affliggono i pesci ospiti dei nostri acquari. Essa è dovuta ad un protozoo ciliato, parassita obbligato, il Cryptocarion irritans appunto, che per completare il proprio ciclo vitale necessita di parassitare pesci. Esso ha una bassa specificità, nel senso che è in grado di aggredire la maggior parte dei pesci: a tutt'oggi si sa che solo le specie appartenenti alla famiglia degli squali ne sono immuni. Tra gli altri, gli Acanturidi sono particolarmente suscettibili a tale infezione. Il parassita viene in genere introdotto in acquario attraverso l'inserimento di un pesce infetto ma non solo: l'introduzione può avvenire anche tramite l'inserimento di rocce contaminate. È per questo motivo che la quarantena dei pesci e delle rocce risulta fondamentale ed irrinunciabile se si vuole scongiurare il pericolo di contaminazione della vasca. A questo riguardo bisogna sfatare il mito secondo cui in quasi tutti gli acquari vi sia la presenza, in un certo qual modo latente, del parassita e che solo allorquando in un pesce per un qualsiasi motivo, le difese immunitarie si abbassino, la malattia si manifesti. Infatti, sebbene sia vero che l'abbassamento delle difese immunitarie renda gli animali maggiormente esposti al rischio di ammalarsi, è stato osservato in svariati esperimenti scientifici che anche pesci in perfetta salute siano facilmente suscettibili all'attacco dal Cryptocarion irritans. Un altro aspetto, peculiare del ciclo di vita del protozoo in questione, avvalora questa tesi: il Cryptocarion non può sopravvivere senza parassitare pesci per più di un limitato periodo di tempo. Da ciò scaturisce che se il protozoo è presente in vasca debba per forza di cose manifestarsi la patologia ad esso associata.

Ciclo vitale del Cryptocarion irritans


Il ciclo vitale del Cryptocarion irritans prevede 4 fasi attraverso cui esso si evolve e si differenzia. Tutto inizia con l'infezione di un pesce da parte di un ciliato (teronte). Esso si lega alla pelle, alle branchie ed ed in generale alle mucose di un pesce ed inizia a nutrirsene. In questa fase il parassita viene definito trofonte. Questa dura dai 3 ai 7 giorni. Alla fine di questo periodo il parassita, definito ora protomonte, è pronto a lasciare l'ospite e ad ancorarsi su un qualsiasi substrato attraverso la produzione di una sostanza collosa. Dopo essersi quindi ancorato subisce una ulteriore modificazione trasformandosi in uno stadio definito tomonte, iniziando a questo punto a riprodursi molto velocemente in numerosi tomiti. Il numero di tomiti che si generano da ogni singolo tomonte può variare da 200 a 1000. La durata di questa fase riproduttiva può variare da 3 a 72 giorni. Tale durata è dipendente dalla temperatura: a quelle che normalmente riscontriamo nei nostri acquari, circa 25 gradi, tale durata può variare da 3 a 28 giorni. Alla fine di questo periodo riproduttivo i tomiti vengono rilasciati in acqua e sono pronti ad infettare un nuovo pesce. In questa fase, in cui essi sono liberi di nuotare e di infettare, vengono definiti teronti. È stato osservato che i teronti una volta liberati, perdono rapidamente la loro capacità infettiva: dopo circa 11 ore dalla schiusa infatti, solo il 9% di essi ha ancora capacità infettiva. Se entro 48 ore non trovano un ospite da infettare e di cui nutrirsi, i teronti sono destinati a perire.

Segni e sintomi dell'infezione


Sui pesci colpiti sono visibili i singoli parassiti, essi appaiono come dei "puntini bianchi". I pesci tendono a strofinarsi sulle rocce e sull'arredo della vasca. La respirazione risulta accelerata. Si osserva un aumento della produzione di muco. Iperattività, nella fase iniziale dell'infezione. Intanamento. Opacizzazione degli occhi dovuta ad infezioni batteriche secondarie. Colori spenti. Stazionamento in superficiale o in zone ad alta turbolenza. Mancanza di appetito, disidratazione e perdita di peso soprattutto nella fase avanzata della malattia.

Decorso della malattia


Molto spesso la malattia si manifesta inizialmente in una forma blanda, che i pesci riescono a superare autonomamente, dopo pochi giorni dalla comparsa dei primi "puntini bianchi". Dopo però un periodo di apparente calma, essa si manifesta nuovamente in maniera molto più violenta ed aggressiva. Ciò è dovuto al complesso ciclo vitale del Cryptocarion irritans: dopo aver lasciato l'animale infetto, il parassita si riproduce in maniera esponenziale rilasciando quindi altri parassiti pronti a colpire nuovamente i pesci presenti in vasca. È una malattia che sovente porta alla morte dell'animale colpito. Nella maggior parte dei casi, gli animali colpiti muoiono per infezioni batteriche o micotiche secondarie. I pesci possono altresi morire per shock osmotico o per asfissia. Se l'infezione è infatti molto estesa la pelle, duramente colpita, perde la sua capacità di fungere da barriera osmotica così come le branchie la loro capacità di svolgere il fondamentale ruolo di scambio di ossigeno ed anidride carbonica con l'ambiente esterno.

Decorso della malattia


Sicuramente la prevenzione risulta essere il metodo più sicuro per scongiurare il rischio di infezione. A tal proposito una quarantena dei pesci ma anche delle rocce per circa tre settimane riduce di molto il rischio di introduzione del parassita in acquario. Diversi sono i metodi attraverso cui è possibile invece contrastare la malattia, anche se solo alcuni sono, non solo più efficaci, ma anche più semplici da mettere in pratica. Tra i rimedi c'è quello che prevede l'uso di ozono; questo metodo è di per se efficace ma necessita di monitorare costantemente la concentrazione in vasca di questo gas, per cui prevede l'uso di un misuratore di potenziale redox. Altro rimedio è quello che si avvale di lampade UV. Nella forma libera infettiva il parassita è suscettibile all'azione dei raggi uv: il problema è che bisognerebbe avere una lampada molto efficiente e tenerla accesa per lunghi periodi di tempo, visto il lungo ciclo vitale del parassita. Il rimedio più efficace risulta essere il trattamento chimico con solfato di rame. Siccome il rame ha forti proprietà disinfettanti, almeno alle alte concentrazioni che bisogna raggiungere in vasca per tale trattamento, la necessità di allestire una vasca a parte in cui inserire l'animale da trattare, risulta obbligata. In commercio esistono prodotti specifici a base di tale sale: hanno un costo elevato ma per chi non ha dimestichezza con la preparazione di soluzioni o non voglia barcamenarsi in calcoli vari, può rappresentare una scelta comoda e semplice. Basta, in questo caso, seguire le istruzioni riportate sul prodotto. Scelta invece molto più economica ma che richiede un po' di "fatica" è rappresentata dal procurasi il Solfato di Rame tal quale: esso si presenta come una polvere bluastra ed è acquistabile in farmacia. Bisogna dapprima preparare una soluzione sciogliendo 4 grammi di solfato di rame e 0,25 grammi di Acido citrico (acquistabile anch'esso in farmacia) in 1 litro di acqua bidistillata, e poi aggiungere 1ml di tale soluzione ogni 4 litri di acqua da trattare. La soluzione va agitata prima di ogni somministrazione in vasca e siccome in soluzione il solfato di rame è instabile, conviene prepararne di volta in volta il quantitativo da aggiungere. In pratica: allestire una vasca con un aeratore, senza arredo in quanto esso potrebbe assorbire il rame falsando quindi la concentrazione, aggiungere quindi 1ml di soluzione preparata per ogni 4 litri d'acqua da trattare. La cura dovrebbe protarsi per almeno 10 giorni, meglio 15. Ovviamente bisogna limitare al massimo la somministrazione del cibo, non essendoci filtro biologico. Per garantire concentrazioni costanti di rame per tutta la durata del trattamento bisogna procedere come segue: dopo 48 dalla prima somministrazione, aggiungere 0,5 ml si soluzione ogni 4 litri d'acqua della vasca e dopo ulteriori 36 ore aggiungere 0,25 ml di soluzione ogni 4 litri. Se dopo un giorno o due il problema non si è ancora risolto bisogna sostituire tutta l'acqua della vasca e ricominciare daccapo il trattamento. Un'altro metodo per debellare il Cryptocarion è quello dell'iposalinità. Questa procedura prevede di abbassare gradualmente la salinità della vasca. Ovviamente anche in questo caso dobbiamo allestire una vasca di quarantena dedicata. La salinità deve essere portata a 0,14 ppt. A questi valori non sono le forme libere del parassita a perire ( teronti) ma esso viene colpito nella fase riproduttiva ( tomonti) impedendo quindi la sua capacità reinfettiva. La salinità finale può essere raggiunta attraverso due cambi d'acqua al giorno ognuno dei quali apporti un abbassamento della salinità di 5ppt. Il trattamento dovrebbe durare almeno 3 settimane dal raggiungimento della salinità finale. Siccome a basse salinità sia il ph che il kh tendono ad abbassarsi, bisogna costantemente monitorare questi due valori ed eventualmente correggerli. Alla fine del trattamento la salinità iniziale (35ppt) deve essere ristabilita allo stesso modo con due cambi d'acqua al giorno ognuno che la aumenti di 5ppt. Tale metodica è stata sperimentata con successo nel 1985 da Angelo Colorni ricercatore presso il Centro di Oceanografia di Israele. Contattato da me personalmente, il gentilissimo e disponibilissimo Dott. Angelo Colorni, mi faceva notare che seppur vero che la maggior parte dei pesci (Telostei) è resistente a condizioni di iposalinità per un periodo di tempo sebbene limitato, esso costituisce comunque una condizione di forte stress per essi. Mi sottolineava quindi a proposito una tecnica molto meno stressante per i pesci, da lui più volte utilizzata, chiamata tecnica del trasferimento. Bisogna in questo caso avere a disposizione due vasche e trasferire i pesci da trattare da una vasca ad un'altra. I pesci vengono trasferiti 4 volte a tre giorni di intervallo (giorno 1, 4. 7 e 10) e l’acquario da cui vengono prelevati disinfettato o, ancor meglio, prosciugato/asciugato ogni volta completamente (i tomonti non sopravvivono all’essiccamento). Il trattamento quindi dura in tutto 12 giorni e consente di risolvere il problema con altissime probabilità e di limitare al massimo lo stress ai pesci. Come abbiamo visto combattere un'infezione da Cryptocarion irritans in vasca non è affatto semplice: ogni metodica richiede procedimenti lunghi e laboriosi. Quarantenare i pesci e/o acquistarli da negozianti scrupolosi ed attenti risulta essere quindi una scelta vincente.
Voglio qui ringraziare nuovamente il Dott. Angelo Colorni per la sua grande disponibilità e per aver voluto condividere con noi tutti la sua preziosa esperienza in materia.

autore: Giuseppe Ossolengo

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